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Stefano Acierno

Stefano Acierno

E’ un mio espediente semplice per rabberciare qualche giornata e riguadagnare il mondo. Ci vengo ogni tanto. Ho sempre scritto, di tutto, dovunque, senza però tentare mai l’azzardo di qualcosa di duraturo, da dare alle stampe. Incollo così, a volte in fretta, qualche parola appena, rattoppando ... (continua)


La sua poesia preferita:
Baiano
D’estate,
era inondata di luce.

D’inverno,
percorsa dal vento.

Una collina d’argento,
colma di ulivi.
la sovrastava.

Pietre vive a gradoni,

una cupola piccola
e macchie di vita,
colorate,
diroccate,
raggiunte col fiatone.

In...  leggi...

Nell'albo d'oro:
Il tuo nome, Cristo
Il tuo nome,
Cristo,
sorge improvviso
come un grido nella mente,
spasmo dell’anima,
e soccorre,
a volte,
fra lo strazio
che
a vivere
può coglierti.

Lo sanno tutti:
eri nudo,
lacero,
stremato,
rorido di sangue.
Ti torturarono
e ti...  leggi...

Tu di me
E se di sera, sola,
senza orologio,
la luna, piena, ti illumina,
e tu raccatti,
sospesa nel vuoto,
quei momenti,
ti lega lì la tenerezza.
E le nuvole sfumano
e annaspi.
Tu che hai di me
non cose,
(che non potevo darti),
solo parole e...  leggi...

Io ti amo
Sentono forte
il sole e il vento
i ragazzi.
Ubriachi,
perché la vita urge.
Avvertono l’anima,
Vibrano col mondo.
Si perdono.
Noi no.
Guardiamo in altro modo.
Salvo i poeti.
Noi non possiamo.
Ed io
ti amo.
E tu
non vuoi.
Tu
non...  leggi...

Mia madre
Bella,
esprimeva luce.
Aperta,
trasudava vita.
Inondava il cuore.
Lei sono io bambino,
che le dicevo
"non morire mai"!
Smagliante,
prorompente,
spigliata,
espansiva,
mia madre
mi guardava.
E capiva.
E,
nel mondo,
non si...  leggi...

Senza tempo
Non ha misura il tempo
e quando suoni il flauto
resterò lì con te.
Seppure,
come mio padre,
io dovrò andarmene
bambino mio.
E se mi leggi,
forse,
già sono andato
bambino mio.
E non sapranno mai
davvero
che timbro aveva
la tua voce
nel...  leggi...

Stefano Acierno

Stefano Acierno
 Le sue poesie

La sua poesia preferita:
 
Baiano (05/12/2008)

La prima poesia pubblicata:
 
C’eri (01/10/2008)

L'ultima poesia pubblicata:
 
Ad Avellino (22/03/2024)

Stefano Acierno vi consiglia:
  (24/11/2012)
 Come Marlene (01/03/2010)
 Speranza (28/03/2021)
 Disperante (07/04/2018)
 Degenza (14/10/2020)

La poesia più letta:
 
Io ti amo (28/01/2010, 7686 letture)

Stefano Acierno ha 6 poesie nell'Albo d'oro.

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Considerazione dell'autore
«"Arx, arcis": sommità, altura in latino. Il monte dal quale la comunità del mio paese traeva principale sostentamento fino a pochi anni fa ha nome "Arciano". Il bosco demaniale dal quale si ricavava legnatico grazie agli usi civici e dove i contadini, i boscaioli ed i cestai traevano i mezzi della sussistenza è detto "di Arciano". In quel bosco le popolazioni antiche avevano eretto un tempio dedicato alle divinità pagane. Da tempo immemorabile vi ci si reca per tagliare il "Maio", la cui etimologia è intuibile, l’albero più alto da offrire come dono votivo al santo patrono di Baiano. La festa richiama tuttavia anche quelle antichissime manifestazioni celebrative di divinità boschive, così come quelle più antropocentriche legate ai culti fallici rinvenute un po’ ovunque nel mondo e, sia pure in tono minore, ma con modalità più o meno analoghe, viene celebrata anche in altri paesi del circondario. Il falò che si accende a sera è anch’esso rito diffuso fra le popolazioni di montagna vicine e abitualmente dedicato a santi dell’iconografia cattolica. La popolazione tutta avverte quel momento come fortemente identificativo della propria comunità e lo vive in modo sentitissimo come del resto avveniva - e non paia accostamento blasfemo - in questo stesso periodo dell’anno per i "saturnalia". "Maius" è termine neutro, impersonale. Se si volesse utilizzare l’aggettivo affiancandolo ad albero (arbor, femminile) occorrerebbe rifarsi a "maior". In entrambi i casi la derivazione è evidente»
Inserita il 15/12/2023  

Stefano Acierno

Ex Arce ("dal bosco di Arciano")

Sociale
Ai dipressi di un bosco
dal nome antico,
cosparso di muschio,
intriso di bruma.
è il mio paese,
che visse,
un tempo,
di colture e legnatico.
E in quel giorno dato
ch’è di nostro Signore,
ogni anno,
vi si fa insieme un viaggio
quasi iniziatico,
riscoprendovi l’humus
e riannodando
la vita al passato.
Fra Greci e Romani si ritenne
che i boschi fossero
casa di divinità
e in quei luoghi ci furono,
non si sa bene dove,
templi votivi.
Da lì ancora
sono cornice al cielo
alberi maestosi
e il genius loci,
noi oggi cristiani,
vi ha anch’esso
un nome antico:
Maius.
L’albero,
il più alto,
che buchi la nebbia,
sì che la chioma svetti
sulle altre
a catturare il sole,
all’alba del Natale,
circondato da uomini
con sguardi febbrili,
ne viene,
da tempo immemorabile,
quel giorno sottratto,
dedicato al patrono
che fu primo martire
della cristianità.
E’ un totem
che d’incanto racchiude
il sentimento della comunità
segno d’identità,
tradizione,
religiosità popolare.
E il tronco,
musica e canti d’intorno,
va innanzi al sagrato,
trainato e seguito
da giovani e vecchi,
(e c’è chi chi spara a festa)
per poi accendersi,
a sera,
il gran falò.
Difficile a dirla,
c’è una malìa arcana
che richiama,
anche da lontano,
convoca le persone,
le assembra,
le affratella,
e sparge sorrisi,
abbracci,
auguri
fra i mille volti
che in calca
s’intrecciano ansiosi
quel giorno a Baiano.



Club Scrivere Stefano Acierno 14/12/2022 10:51| 587

Creative Commons LicenseQuesta poesia è pubblicata sotto una Licenza Creative Commons: è possibile riprodurla, distribuirla, rappresentarla o recitarla in pubblico, a condizione che non venga modificata od in alcun modo alterata, che venga sempre data l'attribuzione all'autore/autrice, e che non vi sia alcuno scopo commerciale.

Nota dell'autore:
«Ho provato ad essere didascalico. E magari anche un po’ divulgativo...»


 

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